giovedì 3 aprile 2008

UN MOMENTO

M'è venuta così, mentre pensavo al prossimo esperimento che si farà a Ginevra con il nuovo acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider) per la rilevazione del bosone di Higgs, ipotizzato, ma mai osservato. Scriverò più avanti qualcosa in merito. Ora leggetevi 'sta cosa (bah!).


UN MOMENTO


Un momento per concepire un bambino,

per farlo nascere ancora un momento.

Un momento il suo primo sorriso,

un momento la sua prima parola.

Un momento e lui è adolescente,

si innamora per la prima volta in un momento.

Il suo primo amplesso esplode in un momento,

e in un momento è diventato ragazzo.

La morte della madre in un momento

e in un momento quella del padre.

In un momento inizia la sua vita da uomo,

un momento d’amore: è suo figlio.

Il suo primo capello bianco in un momento,

in un momento invecchia e muore.

La vita è passata in un momento.

Un momento … è la vita!

mercoledì 12 marzo 2008

Tarte Tatin

Nel corso di francese che sto seguendo, questa mattina il nostro prof ha fatto un esercizio di comprensione descrivendo, naturalmente in francese, la ricetta per fare la tarte Tatin, che rappresenta uno dei piatti tipici della cucina francese.
Il suo discorso si è concluso con l'assegnazione come esercizio di fare la torta in base a quanto era stato capito.
Beh, a dire il vero qualcosa è pervenuto, ma fare la torta con quel poco compreso ... mi sembra un pò troppo. Quindi, siccome la torta la voglio fare sono andato a documentarmi circa la ricetta completa del dolce.


TARTE TATIN



Tarte tatin


Ingredienti per la pasta brisée:

  • 90 g di burro
  • 200 g di farina
  • 1 o 2 cucchiai di latte
  • 1 tuorlo
  • un pizzico di sale

Ingredienti per il ripieno:

  • 1 kg di mele (circa 5 o 6 preferibilmente le golden)
  • 150 g di burro
  • 125 g di zucchero

Questa torta, il cui nome completo è Tarte des Demoiselles Tatin, è stata inventata alla fine del XIX secolo dalle sorelle Tatin. La leggenda narra che Stephanie, una delle due sorelle, si accorse di aver infornato la torta senza aver foderato il fondo della tortiera con la pasta brisée. La cuoca, senza lasciarsi scoraggiare, decise di ricoprire le mele con la pasta, ottenendo così quella che è diventata una delle preparazioni più note della cucina francese.

Peparate la pasta. Preparate la pasta brisée (*) e lasciatela riposare un paio d’ore in frigo, se volete potete comprare della pasta brisée confezionata.

Peparate il ripieno. Pelate le mele e tagliatele in 8 spicchi. Mettete burro e zucchero in una tortiera di 24 o 26 cm di diametro con il bordo alto 3 - 4 cm e spostatela su fuoco medio fino a quando lo zucchero diventa di un bel colore marroncino, mescolando spesso.

Disponete a raggiera un primo strato di spicchi di mela sul fondo caramellato, poi disponete sopra quelli rimasti in modo da coprire tutte le fessure. Coprite con la pasta brisée stesa in uno strato sottile e infornate a 200 °C per 15 minuti. Abbassate la temperatura a 180 ˚C e cuocete altri 15 minuti.

Togliete dal forno, lasciate intiepidire per 10 minuti, poi coprite la tortiera con un piatto da portata e rigirate velocemente.
Un'altra versione è quella di non aspettare i 10 minuti, ma girare subito, perché il caramello si raffredda e le mele restano attaccate al fondo della tortiera.

La tarte tatin va servita tiepida, quindi, se non la servite subito, potete scaldarla per 5 minuti in forno, non usate il microonde perché la rovinerebbe. Potete accompagnare la torta con della panna acida poco montata, la panna acida si prepara aggiungendo qualche cucchiaio di succo di limone a della normale panna da montare.

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(*) Pasta brisée

Ingredienti:

  • 90 g di burro
  • 200 g di farina
  • 1 o 2 cucchiai di latte
  • 1 tuorlo
  • un pizzico di sale

La pasta brisée più tradizionale viene preparata solo con farina, burro e acqua, ma oggi usa di più una versione molto simile a una pasta frolla non zuccherata, più croccante e gustosa, adatta sia a preparazioni salate che dolci, come la tarte tatin.
Lasciate ammorbidire il burro per un paio d’ore fuori dal frigo, non usate il forno a microonde o un pentolino, il burro deve ammorbidirsi, non sciogliersi.
Amalgamate tutti gli ingredienti tranne il tuorlo, impastando con la punta delle dita. Aggiungete il tuorlo e continuate a impastare fino a ottenere una pasta soda e liscia, ma non impastate troppo a lungo, altrimenti si otterrebbe un preparato troppo compatto e poco friabile.
Formate una palla, avvolgetela con pellicola trasparente e lasciatela a indurire in frigo per almeno un paio d’ore.
Togliete la pasta dal frigo e stendetela con un mattarello su una superficie infarinata, la dose indicata dovrebbe essere sufficiente per una torta di 24 centimetri di diametro.

martedì 11 marzo 2008

SAGRA DEL CARCIOFO A SEZZE ROMANO


Sagra del Carciofo di Sezze

Il carciofo è in crisi, ma la 39.ma edizione si farà il 6 aprile 2008.






































Un momento della sara del carciofo









































Il carciofo setino rischia di scomparire, ma la tradizionale Sagra del carciofo, giunta alla 39a edizione, si terrà lo stesso.
È stato questo il tema al centro dell'incontro tra l'Amministrazione comunale ed i produttori locali.
Alla riunione hanno preso parte: l'Assessore allo Sviluppo Locale, Sergio Di Raimo, il Presidente della Commissione "Settori Produttivi", Luciana Lombardi, il Dirigente del settore "Servizi Culturali ed Attività Produttive"del Comune, Francesco Petrianni, il responsabile della Cooperativa Ortoflorofrutticola Pontina, Ascenzo Bottoni, il presidente dell'Azienda Agricola "Botticelli", ed il responsabile della Cooperativa Agricola "San Lidano", Luciano Di Pastina. Presenti anche alcuni dei componenti del Comitato di coordinamento della Sagra: Teresa De Renzi, responsabile della CNA di Sezze; Vittorio Del Duca, responsabile della Coldiretti di Sezze; Giancarlo Pernasili, rappresentante di "Nova Setia" (associazione dei commercianti del centro storico); Fausto Di Lenola, in rappresentanza delle altre associazioni setine.
È stata intanto fissata la data della Sagra del Carciofo, il 6 aprile 2008 (domenica).
I produttori hanno chiesto al Comune di attivarsi per richiedere fondi regionali al fine di incentivare la produzione del carciofo, fortemente in calo a Sezze.






COMUNE DI LATINA

Il 6 aprile 2008 si svolge questa suggestiva manifestazione, in cui vengono esposti e fatti degustare i tipici ortaggi setini, il tutto corredato da manifestazioni culturali e sportive.


SAGRA DEL CARCIOFO

Tutti siete invitati a non mancare,
un bellissimo appuntamento con la natura, la cultura e il folklore dei Monti Lepini

  • Gastronomia, tradizione, arte e musica.

  • Iniziative e manifetazioni armonizzate con gli antichi e suggestivi motivi architettonici del centro storico.

  • Vicoli, piazze e scorci panoramici: scenario di una suggestiva festa popolare.

  • Migliaia di carciofi cucinati dai più noti ristoratori locali secondo le ricette più originali e serviti nelle grandi tavolate allestite nelle piazze.

NOTIZIE SUL PRODOTTO

Il carciofo: il migliore senz'altro è il tipo romanesco. Oltre ad avere un sapore gradevolissimo, è un alimento sano. Un prodotto assai diffuso in Italia e ottenuto da una graduale selezione del cardo. Quello di Sezze Romano è tra i più rinomati e prelibati per il suo gradevolissimo sapore. Gli abitanti della cittadina laziale, i Sezzesi, chiamano ancora cardini i primi e più teneri frutti della pianta.
Il clima eccezionale dell'area setina, riparata a nord-est dai Monti Lepini e riscaldata a sud-ovest dalla brezza tirrenica, unito alle caratteristiche esclusive dei terreni di cultura costituiscono l'elemento principe che determina la qualità del carciofo di Sezze. La sua tipica fragranza, la morbidezza del "cuore", i teneri petali lo rendono apprezzatissimo sulle tavole dei buongustai. E' un alimento sano che contiene notevoli quantitativi di ferro e fibra e che grazie alla cinarina favorisce la digestione ed ha una azione lievemente diuretica.
Il carciofo è quindi perfettamente in linea con le indicazioni della "dieta mediterranea", un modello alimentare noto ed apprezzato in tutto il mondo.
In Italia la coltivazione del carciofo risale al XV secolo, arrivata dal vicino Medio-Oriente nelle regioni meridionali. Si diffuse con una rapidità sorprendente, considerate le caratteristiche di gusto e le molteplicità degli usi in cucina. Oggi è una coltura assai diffusa nelle regioni meridionali. Ma è nel Lazio che si sono sviluppate le colture più ricercate del carciofo romanesco: il più tenero e gustoso. A pochi passi da Roma e da Napoli, Sezze è la città che rivendica il primato della qualità.
Ogni anno il Comune insieme alle cooperative agricole e ai produttori organizza la sagra del carciofo setino, una festa popolare nata con lo scopo di coniugare l'offerta della tipica gastronomia locale alla valorizzazione delle bellissime risorse ambientali dei Monti Lepini.
La manifestazione si svolge in Aprile; è soprattutto un'occasione per gustare il carciofo nelle sue migliori ricette, come quelle alla giudia e al forno. Gli organizzatori assicurano che ne verranno cucinati e distribuiti in piazza a migliaia. Tutti potranno assaggiarli seduti nelle tavolate attrezzate nella bella cornice dell'antico centro storico.

domenica 9 marzo 2008

Delusione d'amore

Prologo

Sin da ragazzo ho sempre ritenuto di essere stato "un fortunato" ad essere nato in Italia, sopratutto a Roma - caput mundi - perché sentivo in questo mio Paese la forza di una grandezza passata, ma non dimenticata. Poi Roma ... . La città eterna! Già tutte cose che appresi sui libri di scuola. Ho frequentato una scuola cattolica, anzi, per dirla come piaceva pronunciare al mio grande preside, Fratel Antonio Pietro Nicolai, la "Pontificia Scuola PIO IX". Certo, non era da tutti, bisognava avere una situazione di benessere economico che doveva - senza ombra di dubbio - superare la media nazionale. Devo sinceramente riconoscere che ho avuto la fortuna di avere un padre straordinario, nella sua onestà intellettuale e nel suo comportamento di vita quotidiana. Intelligente, forse troppo, acuto nelle osservazioni, incapace di accettare compromessi, limpido e trasparente, amorevole e severo ... insomma un grande. La sua fortuna fu quella di azzeccare il posto di lavoro, dove fece un'invidiabile carriera con risultati economici di tutto rispetto.
Gli insegnamenti che ebbi prima da mio padre e poi da Fratel Antonio furono insegnamenti di vita che sono rimasti - almeno teoricamente - scolpiti nella mia memoria. I valori della Patria, della Religione che sono poi quelli della vita saranno sempre vivi nel mio intimo più profondo.
Da qui la fierezza d'essere un italiano de Roma.
Ma poi gli anni passano, si cresce, iniziano i primi contatti con la società che ti appare non come ti avevano insegnato sui libri di educazione civica, ma come un agglomerato di entità (uomini, donne, bambini e ... cani) dove tutti (o quasi) tranne i cani, fanno di tutto per emergere sugli altri anche a costo di danneggiare l'altrui esistenza. Quelli che si comportano secondo i valori insegnati, senza chiedere niente, ma dando tutto se stessi sono proprio i cani.
Non è pessimismo, anzi mi ritengo - anche perché me lo dicono - un ottimista incrollabile, ma è la somma di tante esperienze vissute nell'arco della mia permanenza - che spero si protragga ancora per parecchio - sul pianeta Terra.
Ero innamorato di questo Paese che mi accolse alla fine della guerra (era il 5 marzo 1945) e lo sono ancora, ma come l'uomo tradito dal suo grande amore, anche dopo qualche tentativo di riconciliazione, deluso e con le lagrime agli occhi decide di tirar fuori la testa perché vuole continuare a rendere onore alla sua vita, così sono giunto al punto di decidere il "basta - non ce la faccio a vedere lo scempio che i nostri governi (la G maiuscola è volutamente omessa) hanno fatto, fanno e faranno (statisticamente ne sono sicuro) di questo Paese".
Io me ne vado! Fortunatamente non sono un depresso, quindi il me ne vado si riferisce al cambio di residenza verso un Paese più civile. Intendo, sempre che il nostro "Superiore" voglia concedermene la possibilità, permanere nel nuovo status che mi sono andato, pian piano, a realizzare almeno per un periodo soddisfacente (in questo sono molto esigente, mi piacerebbe parlare di secolo). Il mio timore maggiore è la testa. Arrivare ad una età rispettabile, ma rimbambiti, non ne vale la pena. Allora meglio salire sulla barca di Caronte! Ma se poco poco il cervello riesce a difendersi dal naturale decadimento campare ancora non mi dispiacerebbe.
Una scelta così drastica non è stata fatta a cuor leggero. Ci sono voluti anni per maturare un pensiero così rivoluzionario. Ed ora ci siamo.
Ma perché sono arrivato ad un tale proposito?
Rispondere brevemente non fornirebbe un'adeguata spiegazione alla domanda, così voglio divertirmi a ripercorrere, seppure senza soffermarmi ad ogni fatto della mia vita (sarebbe troppo lungo e oltremodo noioso), in ordine cronologico, gli eventi che hanno maturato in me la delusione, sempre crescente verso chi ci governa (la cosa grottesca è che tutti questo governucoli ce li abbiamo messi noi) e che mi ha portato a desiderare di frequentare Paesi migliori.


L'infanzia (mio nonno comunista)

Abitavo a Roma, via Angelo Brunetti, 47 - quarto piano. Di fronte vivevano i miei nonni materni e mio nonno, nonno Vincenzo (mia nonna, con poca fantasia, si chiamava Vincenza), era di quei personaggi fedele all'idea di un comunismo che avesse potuto dare equilibrio e parità tra le genti. Povero nonno! Gli ho voluto bene, ma quanto sognava!
Mi ricordo che fu lui ad insegnarmi a pronunciare la r così Loma divenne Roma. Una volta, tenendomi sulle ginocchia, in cucina, mi disse che da grande io sarei dovuto diventare un importante comunista. Naturalmente quella parola, a quell'età non aveva un grosso significato. Sapevo solo che c'erano i comunisti e quelli che non lo erano, un pò come ci sono i tifosi della Roma e quelli della Lazio, ma certamente non potevo apprezzare il significato profondo della parola. Tuttavia, l'impressione che mi rimase era quella che il comunismo era fatto di mucchi di gente tutta uguale (che noia! pensavo). E così mentre nonno Vincenzo vedeva in me chissà quale illuminato politico della sinistra, io, nell'intimo, mi ripromettevo che non sarei mai stato comunista. Fu una cosa che mantenni! E ne sono consapevolmente fiero.


Come io vedo i comunisti (non me ne vogliano - i miei migliori amici sono di sinistra)

Non mi sono mai piaciuti tanto, li vedo, in generale, pigri, si muovono solo se in gruppo, strillano, talvolta sono scrocconi, sono arroganti, sono incazzati e, spesso, non sanno perché, si dicono intellettuali, ma che bip vuol dire? Hanno cultura? Mediamente no, a parte i capi politici ed altri eletti (non molti) che per forza di cose devono averla (anche se non sempre dimostrano di averla).
"Fermiamo la destra alle prossime elezioni", vincono (?), finalmente il nuovo auspicato governo. Dopo poco una sequenza di scioperi contro le iniziative del tanto desiderato governo di sinistra. Boh!
Per onestà non posso salvare neanche i governi delle altre correnti. Tutti i governi politici si sono mossi all'inizio con l'obiettivo di assicurarsi la cerchia degli amici: cambio dei dirigenti, come se quelli che c'erano erano poco raccomandabili (possibile tutti?). Questo balletto di scambi di posti rasenta il ridicolo, anzi no, è proprio ridicolo!. Ma la gente lo sa? Io penso di sì! Troppo evidente. Eppure mai nessuno è sceso in piazza per dimostrare contro questo malcostume. Ma allora l'intelligenza degli italiani? Basta salvaguardare il piccolo divertimento, la macchinetta sprint, la moto, il calcio, il telefonino e altre simili banalità e tutti siamo contenti.
Come uscirne fuori? Non so rispondere! (Forse non voglio).
Poco tempo fa, mentre cercavo di riordinare la mia cantina che era ormai sommersa di tutto e nel caos più profondo, ho trovato un foglio di giornale - che ahimè non trovo più - datato aprile 1949 (non ricordo il giorno) nel quale si parlava del problema delle pensioni, di mafia, di botta e risposta tra sinistra e destra (allora DC), di scuola, di cattiva sanità. Sono rimasto allibito nel vedere l'attualità degli argomenti, dopo 58 anni. In qualche caso, basterebbe cambiare i nomi per avere degli articoli moderni ed applicabili alla nostra società.
Hanno parlato per più di mezzo secolo e stiamo come prima!
Ma al malcapitato contribuente italiano, quanto è costato il mantenimento di questo teatrino? Lo spettacolo non è una commedia, ma una squallida tragedia!
Siccome al governo, gli uomini che si sono alternati, se non per qualche sporadico caso, sono stati sempre quelli del centro-sinistra, ritengo logico avercela un pò con loro più che non con quelli del centro-destra.
I comunisti non mi piacevano prima e non mi piacciono adesso. Sono abbastanza convinto.
Qualche tempo fa mi sono comprato il libro di Gomez-Travaglio: Regime. Non sono riuscito a finirlo. Terminologia da intellettuale, ampollosa, piena di significati nascosti, accusatoria senza voler ricordare i propri errori (analoghi), ecc., ecc.. Ciò fa parte del mondo intelletuale di sinistra? Sì?! Allora come sono contento di non appartenere a tale schiera di persone illuminate. Eppure i miei migliori amici, non tutti per fortuna, sono di sinistra, alcuni molto di sinistra. I più antichi risalgono ai tempi del liceo. Da essi ho prelevato tutti i limiti che ho espresso in precedenza. Altrimenti, come avrei potuto classificarli? Ma la cosa straordinaria è che quelli che ho conosciuto dopo rientravano perfettamente, con il loro comportamento, nelle categorie sopra enunciate.
Ma come faccio ad andarci d'accordo? In effetti io non ho mai litigato con nessuno. Sono arrivato alle mani solo due volte: la prima con il mio ancora attuale amico (naturalmente di sinistra avanzata) quando facevo la prima media: mi diede, in classe, uno spintone ed io ruzzolai sulla cattedra; la risposta fu immediata: pugno alla bocca dello stomaco e relativo piegamento delle ginocchia da parte sua; la seconda con un mio amico di gioventù, molto più grosso di me: gragnuola di colpi da parte mia allo stomaco - sicuramente inefficaci - e da parte sua la frase: " ma che stai a fa?". Mi smontai subito. Da allora non ho mai avuto più occasioni di lotta, forse perché la evito. Rispetto troppo il prossimo, anche se comunista, per abbassarmi alla piazzata o al regolamento di conti personale. Ognuno ha le sue idee maturate dall'esperienza del vissuto. Se non la pensa come me non ha colpa, probabilmente pure io se fossi cresciuto come lui, gli sarei simile.


L'adolescenza

Periodo insipido che non ricordo con eccessivo piacere se non per qualche fatto importante come la mia prima fidanzatina (Rita, palermitana) che dopo 7 anni mi liquidò dicendomi che aveva trovato di meglio (e ci sono voluti 7 anni?!). La notizia mi giunse a Siena, mentre stavo facendo il C.A.R. (Centro Addestramento Reclute). Inizialmente la notizia mi turbò non poco, ma dopo qualche tempo (2 - 3 mesi) trovai con chi consolarmi e cominciai a capire che tutto passa e se ne va ed il tempo - vero galantuomo del nostro esistere - cura e attenua le ferite fino a farle scomparire e rendendoci sempre più immuni a certe malattie.
Il periodo del liceo era improntato sullo studio e le divagazioni non erano moltissime. La vita era abbastanza monotona, studio, scuola, piscina (F.I.N. = Federazione Italiana Nuoto) e, abbastanza spesso, uscita con gli amici di classe (gruppetto affiatatissimo).
Tutti persi di vista, meno uno.
Le convinzioni politiche erano ancora, almeno per me, in stato fetale, non riuscivo a farle nascere. L'unica cosa vera era la diffidenza verso il P.C.I..


La gioventù

Dopo il liceo (scientifico) intrapresi la carriera dello studente universitario presso la fcoltà di matemaica Guido Castelnuovo. Questo è sicuramente stato tra i periodi più felici della mia vita, se non il periodo più felice.
Lo stimolo psicologico che avevo quando entravo alla "Sapienza" (la tradizionale Università romana) era straordinario. Una sensazione piacevolissima, entrare nel mondo della cultura dove erano entrati Majorana, Fermi, Pontecorvo, Amaldi, ecc. ecc. (non me ne vogliano i non citati, ci vorrebbe un libro). La facoltà di matematica! Rimanevo incantato ogni volta (praticamente tutti i giorni) quando girando l'angolo vedevo l'edificio bianco, in puro stile mussoliniano, ergersi sobrio davanti a me ed io potevo entrare e sentire quelle lezioni che mi avrebbero accompagnato per tutta la vita. Non ho mai smesso di studiare! Ancora oggi è più facile trovarmi con un libro scientifico in mano che a bere un caffè o a parlare con gli amici in un bar.
In quest'epoca (si parla del 1968) cominciai ad avvicinarmi nel labirinto della politica. C'ero anch'io, ma ero un moderatissimo personaggio che non credeva nella violenza, ma credeva molto nel dialogo. Un giorno, nella facoltà di fisica (istituto Guglielmo Marconi) ci fu l'irruzione di alcuni scalmanati di sinistra che interrupero le lezioni proclamando la facoltà occupata. Io che di sinistra non ero mi trovai in forte difficoltà e scesi nel sottoscala, dove c'erano i laboratori. Avevo la chiave di un locale corredato da varie apparecchiature di misura che mi aveva dato un professore, perché dovevo fare una serie di esperimenti per sottoporli agli esami. Aprii, entrai (dentro era tutto buio) e cercai l'interruttore della luce... una voce sommessa "chiuda la porta per favore". Entrai, chiusi la porta, accesi la luce e ... sorpresa c'era mezzo mondo accademico della facoltà che aveva riparato nel laboratorio più alcuni studenti - dei quali alcuni a me noti - che mi guardarono con un'espressione dai vari significati: paura, stupore, vergogna, vabbè e tanto altro ancora. Eravamo in parecchi! Dissi chi ero e perché mi ero rifugiato lì sotto. Ci fu un sorriso generale di accoglienza. Rotto il ghiaccio, dimenticammo quasi istantaneamente la turbolenza nei piani superiori e cominciammo a discutere circa l'aumento d'entropia che si stava generando nella facoltà, mentre in quella stanza la variazione di entropia era praticamente trascurabile data la poca attività termodinamica che si poteva constatare (tutti seduti nei banchi dietro i tavoli di esperimentazione, sereni e sorridenti, felici di parlare di scienza e non di politica).
Fu lì che cominciai ad odiare la politica; non riuscivo a giustificare l'interruzione dell'attività universitaria di ricerca per dare spazio a tanta confusione e ignoranza.


E dopo ...

Laureato in matematica, indirizzo astronomico, mi proiettai nel mondo del lavoro, università, insegnamento, imprenditoria ed altre attività collaterali. Sono passati molti anni, ma nulla è cambiato: la politica ha sempre rovinato il buono che la scienza avrebbe potuto dare all'Italia. Basta solo ricordare il nucleare. L'ignoranza degli italiani è stata evidenziata in modo lampante dalla disastrosa scelta fatta negli anni ottanta quando nel referendum (c'era Craxi) l'Italia disse NO al nucleare. Tragico errore economico, sociale, energetico. Oggi la Francia ha 58 centrali nucleari e se accade qualche incidente la nube tossica non entra in Italia perché il Bel Paese ha detto no al nucleare? In compenso, noi verdi e uomini della sinistra paghiamo l'energia agli altri Stati 4 - 5 volte di quanto ci sarebbe costata se ci fossimo nuclearizzati.
Bravi questi politici lungimiranti!
E poi i teatrini, i ritornelli, l'attaccamento al potere, la mafia, la camorra. Ma che schifo di Paese! E' troppo! Preferisco andarmene e respirare la nube radioattiva un giorno prima degli italiani, ma almeno la qualità della vita è migliore.

Stefano (cioè io) mentre sta in trattative per l'acquisto di un
appartamento a Cannes (sono forti questi francesi!).
L'acquisto è stato fatto nell'ottobre 2007. Un bilocale piccolino nel cuore di Cannes a 650 metri dal Palazzo del Festival.

I francesi campano molto meglio di noi, sono più educati, gentili, organizzati.

La mia prima bolletta della luce (12
,50 euro) prelevati in automatico dalla società elettrica dal mio conto bancario e seguito da una lettera di ringraziamento con relativa fattura.
Che ne pensate dell'importo della bolletta? La casa è stata usata per il 90% del tempo. C'è qualcuno che vuole fare i confronti con i costi italiani? Già, ma loro hanno le centrali nucleari, mentre l'Italia no (che grande drittata la nostra!)

domenica 17 febbraio 2008

Fumare la pipa

Era il 5 marzo 1962, e compivo i miei 17 anni (ora però non fate i conti per sapere quanto sono stagionato, anche perché non me li porto malaccio ed ancora ho delle velleità, finora mai assopite, quindi dentro di me ho qualche anno in meno, spero!).
La comitiva della quale facevo parte (i miei compagni di scuola del IV scientifico e le varie sorelle degli amici e le amichette che frequentavano la scuola femminile limitrofa alla nostra) mi fecero una festa a sopresa. A loro ero noto come l'intellettuale (apolitico) che vagava senza una mèta fissa, completamente distratto dalle sue forti curiosità scientifiche, insomma lo scienziato pazzo del gruppo. Non nego che la cosa mi faceva piacere anche perché un pò scienziato mi ci sentivo: avevo approntato un piccolo laboratorio di chimica a casa, con grande gioia dei miei genitori che quotidianamente sottoponevo ad odori insopportabili e con la lezione serale (mi ascoltava solo papà perché mamma aveva la scusa che doveva cucinare per la cena) nella quale spiegavo tutto ciò che avevo fatto e perché accadevano certi fenomeni, il tutto corredato da formule ed equazioni. Avevo anche una megalavagna che avevo appeso al muro dello studio e dove scrivevo le mie elucubrazioni e dimostrazioni. Insomma ero sulla buona strada per dare i numeri, cosa che poi ho fatto e faccio ancora oggi.

Tornando alla festa a sorpresa, oltre al golf di cashmere blu, a qualche libro (naturalmente dai contenuti scientifici), a qualche disco (i vecchi 45 giri), la mia amichetta (solo amichetta!) prediletta, Laura, si presentò con un pacchetto dalle dimensioni che facevano sospettare un profumo. L'aprii e ..., meraviglia delle meraviglie, comparve una pipa (la marca era "canta la raganella") che ancora conservo e che ogni tanto fumacchio, anche per ricordare i trascorsi tempi beati dell'incoscienza. La motivazione del regalo era che ad un tipo come me, un pò trasognato, la pipa stava bene.
Come tutte le cose che ho sempre fatto, mi documentai (allora non c'era internet, ahimè), comprando libri (Rizzoli a Galleria Colonna, ora non c'è più) e abbonandomi alla rivista il "club della pipa" presso la tabaccheria "Fincato" (sicuramente conosciuta dagli amatori del bel fumo).

Dopo i primi approcci, sicuramente poco incoraggianti, cominciai ad avere le prime soddisfazioni, tanto è vero che dopo poco tempo comprai la seconda pipa, poi la terza. Oggi sono arrivato a 72 (leggasi ben settantadue), tra mediocri, buone e buonissime (senza contare quelle rotte e perse). Ce ne sono anche due fatte da me con legno di ciliegio (una vera e propria schifezza che, comunque, qualche volta - raramente - mi ostino a fumare perché "cavolo" - dico io - "prima o dopo dovranno pure regalarmi qualche minima soddisfazione", fosse solo per l'amore e la cura con le quali le avevo costruite (anche se sono venute decisamente bruttine).
Così è iniziata la mia avventura con il fumo. Tra cinque anni farò le nozze d'oro (speriamo!) con questa mia passioncella.

Come ebbe a dire il prof. Eppe Ramazzotti (che ha scritto vari libri sull'arte del fumare la pipa - libri che ho e sono preziosi perché non si trovano più) "la pipa è assimilabile ad una bella donna" e come la donna va coccolata, tenuta tra le mani con passione, curata e più la si tiene in considerazione più ti è fedele e ti rende momenti di piacere e di felicità.
E fumare la pipa mi ha spesso regalato profonde ed intense emozioni.

giovedì 24 gennaio 2008

Il pecorino romano

Pochi formaggi al mondo (forse nessuno) vantano origini così antiche come il pecorino romano.

Da più di duemila anni le greggi di pecore che pascolano liberamente nelle campagne del Lazio e della Sardegna, producono il latte da cui viene ricavato questo formaggio.

Già gli antichi romani apprezzavano il pecorino romano. Nei palazzi imperiali era considerato il giusto condimento durante i banchetti, mentre la sua capacità di lunga conservazione ne faceva un alimento base delle razioni durante i viaggi delle legioni romane. Questo formaggio ridava forza e vigore ai soldati stanchi e oggi sappiamo perché: il pecorino romano è un'iniezione di energia ed è anche di facile digestione (battuta molto romana: ecco perché i romani hanno dominato il mondo di allora per svariati secoli).

Oggi il pecorino romano viene prodotto nelle stesse esclusive zone d'origine e con lo stesso naturale procedimento di secoli fa. L'unica differenza rispetto al passato consiste nel fatto che le operazioni di cagliatura, salatura e stagionatura avvengono in modernissimi caseifici, tecnologicamente all'avanguardia sotto il profilo igienico-sanitario, per garantire ai consumatori i necessari requisiti di salubrità del prodotto.








Forme particolari del pecorino romano, di alta qualità. Quando è giovane il pecorino romano, nel suo interno mostra la cosiddetta "lacrima" di grasso di color giallo/ocra che riempie le rare occhiature. In questo stato è solo da mangiare (e non da grattuggiare), magari cone delle fave fresche (maggio) o delle pere (williams) dolci e mature.


Il Pecorino Romano ha ottenuto la Denominazione di Origine nel lontano 1955 e la Denominazione di Origine Protetta (DOP) nel 1996.

È un formaggio a pasta dura, semicotta o cotta, ottenuto con latte di pecora. Le forme sono cilindriche a facce piane del diametro di 20-30 cm e dallo scalzo (altezza) di 22-32 cm. Il peso di ogni forma varia da 8 a 22 kg, mediamente si aggira sui 12 kg.
Il Pecorino Romano viene commercializzato dopo una stagionatura di circa 8 mesi.
La pasta è bianca o giallo paglierino tenue, il sapore è forte, salato, piccante. L'aroma presenta sentori animali tipici dei pecorini, a volte si avvertono sentori vegetali, erbacei.

Il Pecorino Romano trova il suo migliore utilizzo in cucina, proprio a causa del sapore così salato (per esempio nella pasta all'amatriciana). Tuttavia esistono tipologie di pecorino romano non troppo salato che possono essere apprezzate anche da soli, in piccole quantità, od anche con il miele, con le pere, con le fave, ecc. .

La produzione del pecorino romano è limitata alle aree della regione Lazio, della Sardegna e della provincia di Grosseto in Toscana.

Anche considerando l’introduzione delle innovazioni che la tecnologia casearia ha reso disponibili, è stato mantenuto intatto il processo di produzione.

Personalmente - il lettore non me ne voglia - ritengo il pecorino romano superiore ad ogni altro formaggio (compreso il tanto decantato parmigiano reggiano che pure apprezzo e considero come formaggio tra i più gustosi). Quando ho appetito tra un pasto e l’altro, non la mattina dove andrebbe meglio il più delicato parmigiano, ma il pomeriggio, un pezzetto di pecorino e mi sento coccolato. Grande è il pecorino romano per la sua robustezza, per la sua unicità del sapore (lo riconoscerei, a occhi chiusi, tra mille formaggi) per la sua completezza di alimentazione, insomma per tutte quelle proprie caratteristiche che lo contraddistinguono e lo differenziano dagli altri prodotti caseari.

La sua facilità di abbinamento con altre sostanze fanno del pecorino romano un ingrediente fondamentale nella buona cucina nostrana, ma sicuramente non sfigurerebbe neanche in quella che viene chiamata cucina internazionale. Non riesco ancora a comprendere come un formaggio di così alta nobiltà non venga pubblicizzato come meriterebbe.

A proposito di abbinamenti andate a guardare cosa ho incontrato, navigando su internet www.altissimoceto.it/2006/09/26/ristorante-nicola-cavallaro-milano-mi/ .
In un ristorante milanese hanno fatto i ravioli con ripieno di pesce e pecorino con guarnizione di molluschi.

Senza nulla togliere al su accennato parmigiano, il pecorino romano potrebbe tranquillamente avere un suo ruolo, di tutto rispetto, come rappresentante dei prodotti tipici italiani. Molto più diffuso, invece, è il pecorino sardo, buon formaggio, ma che nulla a che fare con quello romano; anche il pecorino toscano è un buon formaggio, ma comunque inferiore allo storico pecorino romano. Talvolta il mio pranzo (è lo considero un pranzo gustoso, anche se frugale) consiste in scaglie di pecorino (non poco) olive verdi, fetta di pane casereccio (di quello un po’ tosto, ma dai sapori fortemente contadini) e un buon bicchiere di vino rosso (per esempio, oltre ai grandi rossi che vanno sempre bene, anche un Sangiovese o un Morellino di Scansano e, volendo anche un Montepulciano d'Abruzzo, insomma un rosso di buona personalità).

Per amore di completezza, riporto i valori nutrizionali ed energetici, oltre alle acaratteristiche chimiche ed all'etichetta nutrizionale del pecorino romano (fonte dei dati http://www.formaggio.it/italiaDOP/pecorinoromano.htm) che dimostrano la bontà del prodotto.


Valori nutrizionali:

PROTEINE

g.


24,6

LIPIDI

g.


31,87

VITAMINE A-B2-C-E



Presenti

CALCIO

mg.


932

FOSFORO

mg.


350




Valore Energetico (per 100 grammi): 390,918 Kcal



CARATTERISTICHE CHIMICHE




Tg

S.S.

Umidità

36,90

0%

Sostanza secca

63,10

0%

Ceneri

7,77

12,32%

Proteine

23,95

37,95%

Grassi

29,62

46,94%

Cloruri

5,88

9,32%





ETICHETTA NUTRIZIONALE



Taglia analisi: 100g.


Grasso totale

30g.

Proteine

24g.

Carboidrati totali

<1g.

Sali minerali

8g.

Kcalorie

367

KJ

1535







Richiesta dell'autore: "A Roma e dintorni non ho ancora trovato un luogo dove il pecorino romano venga valorizzato in modo adeguato; se qualcuno fosse a conoscenza di qualche piatto particolare e/o di qualche ristorante, trattoria, ecc. che abbia piatti particolari tra i cui ingredienti ci sia il pecorino romano me lo faccia sapere" Grazie! (escludiamo l’amatriciana e il cacio e pepe, di quelli ne conosco abbastanza).

mercoledì 16 gennaio 2008

Una polemica sciocca! Ma siamo così meschini? Povera umanità!

Papa Benedetto XVI è stato invitato dal Magnifico Rettore alla Sapienza per l'inaugurazione dell'anno accademico. Professori e studenti (pochi in realtà) protestano contro la visita. Scienza vs religione: polemiche giuste o sterili?

Quando ho letto questa notizia, successivamente confernata dai vari telegiornali, al di là di quanto hanno detto i vari politici, non nego che sono rimasto con gli occhi fissi al televisore senza più percepire quanto veniva detto. Un lieve formicolio cerebrale mi stava avvertendo che la miriade di pensieri che si accavallavano nella mia mente erano fortemente in contrasto tra di loro e la velocità con la quale si presentavano era superiore a quella con la quale riuscivo a metabolizzarli e farne dei pensieri compiuti e corretti.
Mi sono scosso per tornare alla realtà, mi sono alzato dalla poltrona e sono andato a bere un'aranciata, almeno per rinfrescarmi dato che sul viso erano apparsi dei lievi rossori. Impotenza a poter dire tutto quello che avevo prodotto con i miei pensieri con poche parole e rabbia per essere così limitato. Poi, pensandoci mi sono reso conto che la nostra natura fa viaggiare il cervello a velocità inaudite, ma per coordinare i pensieri che arrivano, anche se non richiesti, vanno razionalizzati per dare un senso logico a ciò che si vuol dire. Il famoso conta fino a dieci prima di parlare.
Ho voluto aspettare volutamente un pò di tempo per far decantare, con ritmo pacato, l'effetto-notizia in modo da affrontare e discutere con più distacco la questione.
Allora, io sono un fisico-matematico, lo sono nel più profondo del mio essere. Tutto ciò che accade attorno a me ed anche al di fuori del mio campo di influenza viene sempre analizzato con quel trattamento razionale proprio della mentalità scientifica. Ci ho sempre creduto e ci crederò sempre al fatto che nella scienza risiede la verità.
Sono partito da lontano: la mia mente mi ha riportato alle crociate. Che tragedia per la cristianità, e tutto in nome del nostro Dio. Guerre, uccisioni, distruzioni ... una vergogna, ma ... . Sì, il "ma" ci vuole perché, in quei tempi (medioevo), l'arte della guerra fra i popoli era una necessità della cultura occidentale. Necessità da denigrare, certo, ma con la coscienza di oggi e con la crescita sociale che lentamente si è andata ad affermare nei vari secoli. Ma a quei tempi? I pacifisti, ammesso che ve ne siano stati, erano considerati dei deboli e/o dei miscredenti, per nulla attaccati alla propria fede fino ad arrivare a crederli eretici. E sappiamo che fine facevano coloro che erano considerati eretici. Altra tragedia umana!
Dalle crociate sono andato a finire a Galilei (chissà perché tutti lo chiamano per nome: Galileo, come se Newton lo dovessimo indicare con Isacco). Il metodo sperimentale da lui introdotto con intuito ammirevole, degno di un'intelligenza sicuramente superiore, ha costituito certamente l'ingresso in quella che può ritenersi la scienza moderna. Eppure, malgrado le sue prove scientifiche e le sue convinzioni, la Chiesa lo dichiarò eretico. Altra grande tragedia umana! Il suo abiurare non fu una sconfitta per l'uomo che, comunque, aveva intuito la verità, ma per la Chiesa che non era stata in grado di seguire lo sviluppo della scienza che, ormai, stava, sempre più velocemente, affacciandosi verso nuovi ed interessanti orizzonti di conoscenza.
Dopo Galilei, mi è tornata in mente la scuola che mi vide prendere il diploma di maturità scientifica. Era una scuola cattolica dalle grandi tradizioni culturali, naturalmente molto orientata alla cultura classica, ma dotata di insegnanti di matematica e fisica di tutto rispetto e che mi hanno fornito una formazione scientifica invidiabile (il mio primo esame di analisi matematica all'Università lo superai studiando per 13 giorni, grazie alle conoscenze che avevo acquisito nella scuola che mi aveva formato (la scuola è, per i curiosi, la Pontificia Scuola Pio IX, di Roma). Lì ebbi, da insegnante (ci sono tornato, come docente, dopo la laurea in matematica), un grande scontro con un frate sulla questione dell'origine della vita. Avevo parlato della teoria evoluzionistica di Darwin circa l'evoluzione della specie, affrontando anche il problema dal punto di vista filosofico. Fui additato come eretico da quel frate che fece scoppiare un putiferio. Mi diedi malato per due giorni nei quali preparai una risposta a dir poco tagliente, lunga 36 pagine (peccato che è andata smarrita) nella quale rispondevo a tutte le accuse mosse contro la mia iniziativa e dando, inoltre, ampia dimostrazione della retrogradezza dei pensieri ecclesistici in merito alla questione. Il documento lo consegnai a tutti i docenti, frati inclusi. Il preside mi chiamò pregandomi di soprassedere, giustificando il frate accusatore/inquisitore sostenendo che io avevo male interpretato le sue parole. E' un classico! Ma lui non voleva minimamente offenderti, voleva solo affermare che le cose andrebbero dette con rispetto dei libri sacri (la Bibbia nella fattispecie). La cosa si andò a smorzare in pochi giorni, anzi quel frate, nei nostri incontri di lavoro, si dimostrò sempre molto cordiale e cortese, come se nulla fosse accaduto. Questo fatto mi diede coscienza che la cultura scientifica, benché fossimo stati alla fine de '900, avrebbe dovuto ancora combattere aspre battaglie contro l'ottusità e la cecità della Chiesa. Cosa che, in più occasioni, si è verificata (clonazione, cellule staminali, tanto per dirne alcune). Ma possibile che le grandi idee debbano sempre trovare avversione da chi non capisce? E' la paura di perdere il potere!
Le grandi lotte sociali ci hanno portato, poi, a conquistare la dignità umana per ogni essere vivente (ciò non era plausibile nel medioevo dove per il solo fatto di appartenere ad un feudo il signore aveva potere di vita e di morte su ogni suo dipendente (ricorda lo jus primae noctis). Questa dignità umana è oggi una importante conquista, anche se in molte parti del pianeta ancora c'è molto da sistemare. Ieri lo Stato Pontificio tagliava le teste a quegli sciagurati che osavano ribellarsi perché tutto doveva rimanere immobile, nessuna discussione sull'operato ecclesiastico, tutto fermo senza progresso! Eh, sì! La Chiesa ne ha combinate proprio tante e tutte in nome di Nostro Signore.
Ho voluto appositamente fare questi flash mentali per chiarire che forse sono un pò prevenuto verso tutto ciò che rappresenta la Chiesa, ma la Chiesa è fatta da uomini e, quindi, i miei dubbi e perplessità sono a loro rivolte. Perché non trovare il coraggio di riconoscere i propri limiti ed errori e mettersi in discussione per ricostruire un'altra Chiesa più moderna, più vicina alle esigenze della gente che soffre. La preghiera sarà pure importante, ma i poveri non mangiano con le preghiere. Gli ori che penzolano al collo di quel certo cardinale X che alimentano di luce gialla la sua mano con riflessi diamantini, potrebbero sostenere la famiglia Y a campare meglio, e così via. Io qui non trovo il Verbo di Dio, la pietà umana, la dignità, l'amore verso il prossimo, ecc. ecc.. Ma le parole di Cristo a chi erano rivolte?
Eppure, malgrado l'ormai dichiarata ostilità verso la tonaca ecclesistica (n.b. - ho anche amici tra costoro, ma queste sono persone eccezionali che poco hanno da spartire con chi ho indicato precedentemente), sono rimasto sbalordito davanti ad un atteggiamento così forte assunto dai docenti della facoltà di fisica. Non mi meravigliano gli studenti che goliardicamente hanno aderito all'iniziativa dei professori. Giustificati dal prof. Odifreddi, che stimo come docente, non sono giustificati da me se non per la loro pochezza intellettuale e l'entusiasmo giovanile che, quasi sempre, non si accompagna alla saggezza ed al savoir faire.
Ho ascoltato le ragioni del prof. Cini, insigne professore di fisica teorica (ho un suo libro, splendido per chiarezza e altamente educativo per la formazione di uno scienziato) e le ho condivise praticamente in modo totale. Ma da quando ho avuto modo di sentire dai mass media e di leggere sui giornali mi è parso che ben pochi ci hanno capito qualcosa. Ed è stata subito polemica. In effetti, ciò che ha scatenato la sua reazione epistolare è dovuto al fatto che è giunto, ormai, il momento di dire basta all'ingerenza ecclesistica, che più volte si è dimostrata cieca e spesso ostile ai progressi scientifici. Il Magnifico Rettore, in effetti, non ha azzeccato il momento propizio per l'intervento del Sommo Pontefice che, in altra occasione, avrebbe potuto essere invitato senza originare un così triste evento.
Diciamo che l'uomo-scienziato, al di là della sua fede, proprio per tante ragioni, tra le quali quelle citate all'inizio del mio scritto, ha un pò il dente avvelenato con la Chiesa o meglio con il simbolo-Chiesa ed il Papa rappresenta il suo maggiore esponente.
Forse sarebbe stato meglio invitare il Papa non come Capo della cristianità, ma come professore. Eh, sì! Il prof. Ratzinger avrebbe avuto tutt'altro spessore. Grande teologo, uomo di ricerca della verità; praticamente uno scienziato (a modo suo). A questo punto sarebbe stato anche interessante il confronto con il suo metodo di ricerca prettamente dogmatico e quello scientifico di stile galileiano.
La ricerca della verità resta, comunque, lo scopo più nobile che la mente umana possa perseguire.
A cose fatte, in ogni modo, la contestazione andava rivolta non al Papa, ma al Magnifico Rettore che non è stato brillante nella sua scelta del momento e, comunque, un'opposizione così accanita alla visita del Capo della Chiesa è fuori luogo ed offensiva verso chi, invece, avrebbe gradito tale presenza. S'è vista, purtroppo, ancora una volta vincere l'arroganza e l'ignoranza dei modi.
Si sarebbe potuto far presente al Sommo Pontefice, qualora avesse aderito all'invito, l'imbarazzo del mondo scientifico e la critica sull'opportunità di tale invito adducendo le valide motivazioni che sono state sbandierate in modo grottesco e disordinato dagli "oppositori".
D'altra parte, il discorso che il Papa avrebbe fatto non mi pare offendesse i principi - sacrosanti e da difendere sempre - propri della scienza e della ricerca.
In conclusione:
- giusta la lettera del prof. Cini;
- errato il momento scelto dal Magnifico Rettore;
- errato l'obiettivo della contestazione;
- caduta (preoccupante) di stile da parte del monto accademico;
- errato il comportamento degli studenti (purtroppo è il frutto degli insegnamenti della nostra scuola ..., quindi ... mea culpa);
- giusta la rinuncia del Papa a non partecipare all'evento;
- giusta la divulgazione del suo discorso (così qualcuno ci può riflettere sopra e crescere).