Prologo Sin da ragazzo ho sempre ritenuto di essere stato "un fortunato" ad essere nato in Italia, sopratutto a Roma - caput mundi - perché sentivo in questo mio Paese la forza di una grandezza passata, ma non dimenticata. Poi Roma ... . La città eterna! Già tutte cose che appresi sui libri di scuola. Ho frequentato una scuola cattolica, anzi, per dirla come piaceva pronunciare al mio grande preside, Fratel Antonio Pietro Nicolai, la "Pontificia Scuola PIO IX". Certo, non era da tutti, bisognava avere una situazione di benessere economico che doveva - senza ombra di dubbio - superare la media nazionale. Devo sinceramente riconoscere che ho avuto la fortuna di avere un padre straordinario, nella sua onestà intellettuale e nel suo comportamento di vita quotidiana. Intelligente, forse troppo, acuto nelle osservazioni, incapace di accettare compromessi, limpido e trasparente, amorevole e severo ... insomma un grande. La sua fortuna fu quella di azzeccare il posto di lavoro, dove fece un'invidiabile carriera con risultati economici di tutto rispetto. Gli insegnamenti che ebbi prima da mio padre e poi da Fratel Antonio furono insegnamenti di vita che sono rimasti - almeno teoricamente - scolpiti nella mia memoria. I valori della Patria, della Religione che sono poi quelli della vita saranno sempre vivi nel mio intimo più profondo. Da qui la fierezza d'essere un italiano de Roma. Ma poi gli anni passano, si cresce, iniziano i primi contatti con la società che ti appare non come ti avevano insegnato sui libri di educazione civica, ma come un agglomerato di entità (uomini, donne, bambini e ... cani) dove tutti (o quasi) tranne i cani, fanno di tutto per emergere sugli altri anche a costo di danneggiare l'altrui esistenza. Quelli che si comportano secondo i valori insegnati, senza chiedere niente, ma dando tutto se stessi sono proprio i cani. Non è pessimismo, anzi mi ritengo - anche perché me lo dicono - un ottimista incrollabile, ma è la somma di tante esperienze vissute nell'arco della mia permanenza - che spero si protragga ancora per parecchio - sul pianeta Terra. Ero innamorato di questo Paese che mi accolse alla fine della guerra (era il 5 marzo 1945) e lo sono ancora, ma come l'uomo tradito dal suo grande amore, anche dopo qualche tentativo di riconciliazione, deluso e con le lagrime agli occhi decide di tirar fuori la testa perché vuole continuare a rendere onore alla sua vita, così sono giunto al punto di decidere il "basta - non ce la faccio a vedere lo scempio che i nostri governi (la G maiuscola è volutamente omessa) hanno fatto, fanno e faranno (statisticamente ne sono sicuro) di questo Paese". Io me ne vado! Fortunatamente non sono un depresso, quindi il me ne vado si riferisce al cambio di residenza verso un Paese più civile. Intendo, sempre che il nostro "Superiore" voglia concedermene la possibilità, permanere nel nuovo status che mi sono andato, pian piano, a realizzare almeno per un periodo soddisfacente (in questo sono molto esigente, mi piacerebbe parlare di secolo). Il mio timore maggiore è la testa. Arrivare ad una età rispettabile, ma rimbambiti, non ne vale la pena. Allora meglio salire sulla barca di Caronte! Ma se poco poco il cervello riesce a difendersi dal naturale decadimento campare ancora non mi dispiacerebbe. Una scelta così drastica non è stata fatta a cuor leggero. Ci sono voluti anni per maturare un pensiero così rivoluzionario. Ed ora ci siamo. Ma perché sono arrivato ad un tale proposito?
Rispondere brevemente non fornirebbe un'adeguata spiegazione alla domanda, così voglio divertirmi a ripercorrere, seppure senza soffermarmi ad ogni fatto della mia vita (sarebbe troppo lungo e oltremodo noioso), in ordine cronologico, gli eventi che hanno maturato in me la delusione, sempre crescente verso chi ci governa (la cosa grottesca è che tutti questo governucoli ce li abbiamo messi noi) e che mi ha portato a desiderare di frequentare Paesi migliori.
L'infanzia (mio nonno comunista)
Abitavo a Roma, via Angelo Brunetti, 47 - quarto piano. Di fronte vivevano i miei nonni materni e mio nonno, nonno Vincenzo (mia nonna, con poca fantasia, si chiamava Vincenza), era di quei personaggi fedele all'idea di un comunismo che avesse potuto dare equilibrio e parità tra le genti. Povero nonno! Gli ho voluto bene, ma quanto sognava!
Mi ricordo che fu lui ad insegnarmi a pronunciare la r così Loma divenne Roma. Una volta, tenendomi sulle ginocchia, in cucina, mi disse che da grande io sarei dovuto diventare un importante comunista. Naturalmente quella parola, a quell'età non aveva un grosso significato. Sapevo solo che c'erano i comunisti e quelli che non lo erano, un pò come ci sono i tifosi della Roma e quelli della Lazio, ma certamente non potevo apprezzare il significato profondo della parola. Tuttavia, l'impressione che mi rimase era quella che il comunismo era fatto di mucchi di gente tutta uguale (che noia! pensavo). E così mentre nonno Vincenzo vedeva in me chissà quale illuminato politico della sinistra, io, nell'intimo, mi ripromettevo che non sarei mai stato comunista. Fu una cosa che mantenni! E ne sono consapevolmente fiero.
Come io vedo i comunisti (non me ne vogliano - i miei migliori amici sono di sinistra)
Non mi sono mai piaciuti tanto, li vedo, in generale, pigri, si muovono solo se in gruppo, strillano, talvolta sono scrocconi, sono arroganti, sono incazzati e, spesso, non sanno perché, si dicono intellettuali, ma che bip vuol dire? Hanno cultura? Mediamente no, a parte i capi politici ed altri eletti (non molti) che per forza di cose devono averla (anche se non sempre dimostrano di averla).
"Fermiamo la destra alle prossime elezioni", vincono (?), finalmente il nuovo auspicato governo. Dopo poco una sequenza di scioperi contro le iniziative del tanto desiderato governo di sinistra. Boh!
Per onestà non posso salvare neanche i governi delle altre correnti. Tutti i governi politici si sono mossi all'inizio con l'obiettivo di assicurarsi la cerchia degli amici: cambio dei dirigenti, come se quelli che c'erano erano poco raccomandabili (possibile tutti?). Questo balletto di scambi di posti rasenta il ridicolo, anzi no, è proprio ridicolo!. Ma la gente lo sa? Io penso di sì! Troppo evidente. Eppure mai nessuno è sceso in piazza per dimostrare contro questo malcostume. Ma allora l'intelligenza degli italiani? Basta salvaguardare il piccolo divertimento, la macchinetta sprint, la moto, il calcio, il telefonino e altre simili banalità e tutti siamo contenti.
Come uscirne fuori? Non so rispondere! (Forse non voglio).
Poco tempo fa, mentre cercavo di riordinare la mia cantina che era ormai sommersa di tutto e nel caos più profondo, ho trovato un foglio di giornale - che ahimè non trovo più - datato aprile 1949 (non ricordo il giorno) nel quale si parlava del problema delle pensioni, di mafia, di botta e risposta tra sinistra e destra (allora DC), di scuola, di cattiva sanità. Sono rimasto allibito nel vedere l'attualità degli argomenti, dopo 58 anni. In qualche caso, basterebbe cambiare i nomi per avere degli articoli moderni ed applicabili alla nostra società.
Hanno parlato per più di mezzo secolo e stiamo come prima!
Ma al malcapitato contribuente italiano, quanto è costato il mantenimento di questo teatrino? Lo spettacolo non è una commedia, ma una squallida tragedia!
Siccome al governo, gli uomini che si sono alternati, se non per qualche sporadico caso, sono stati sempre quelli del centro-sinistra, ritengo logico avercela un pò con loro più che non con quelli del centro-destra.
I comunisti non mi piacevano prima e non mi piacciono adesso. Sono abbastanza convinto.
Qualche tempo fa mi sono comprato il libro di Gomez-Travaglio: Regime. Non sono riuscito a finirlo. Terminologia da intellettuale, ampollosa, piena di significati nascosti, accusatoria senza voler ricordare i propri errori (analoghi), ecc., ecc.. Ciò fa parte del mondo intelletuale di sinistra? Sì?! Allora come sono contento di non appartenere a tale schiera di persone illuminate. Eppure i miei migliori amici, non tutti per fortuna, sono di sinistra, alcuni molto di sinistra. I più antichi risalgono ai tempi del liceo. Da essi ho prelevato tutti i limiti che ho espresso in precedenza. Altrimenti, come avrei potuto classificarli? Ma la cosa straordinaria è che quelli che ho conosciuto dopo rientravano perfettamente, con il loro comportamento, nelle categorie sopra enunciate.
Ma come faccio ad andarci d'accordo? In effetti io non ho mai litigato con nessuno. Sono arrivato alle mani solo due volte: la prima con il mio ancora attuale amico (naturalmente di sinistra avanzata) quando facevo la prima media: mi diede, in classe, uno spintone ed io ruzzolai sulla cattedra; la risposta fu immediata: pugno alla bocca dello stomaco e relativo piegamento delle ginocchia da parte sua; la seconda con un mio amico di gioventù, molto più grosso di me: gragnuola di colpi da parte mia allo stomaco - sicuramente inefficaci - e da parte sua la frase: " ma che stai a fa?". Mi smontai subito. Da allora non ho mai avuto più occasioni di lotta, forse perché la evito. Rispetto troppo il prossimo, anche se comunista, per abbassarmi alla piazzata o al regolamento di conti personale. Ognuno ha le sue idee maturate dall'esperienza del vissuto. Se non la pensa come me non ha colpa, probabilmente pure io se fossi cresciuto come lui, gli sarei simile.
L'adolescenza
Periodo insipido che non ricordo con eccessivo piacere se non per qualche fatto importante come la mia prima fidanzatina (Rita, palermitana) che dopo 7 anni mi liquidò dicendomi che aveva trovato di meglio (e ci sono voluti 7 anni?!). La notizia mi giunse a Siena, mentre stavo facendo il C.A.R. (Centro Addestramento Reclute). Inizialmente la notizia mi turbò non poco, ma dopo qualche tempo (2 - 3 mesi) trovai con chi consolarmi e cominciai a capire che tutto passa e se ne va ed il tempo - vero galantuomo del nostro esistere - cura e attenua le ferite fino a farle scomparire e rendendoci sempre più immuni a certe malattie.
Il periodo del liceo era improntato sullo studio e le divagazioni non erano moltissime. La vita era abbastanza monotona, studio, scuola, piscina (F.I.N. = Federazione Italiana Nuoto) e, abbastanza spesso, uscita con gli amici di classe (gruppetto affiatatissimo).
Tutti persi di vista, meno uno.
Le convinzioni politiche erano ancora, almeno per me, in stato fetale, non riuscivo a farle nascere. L'unica cosa vera era la diffidenza verso il P.C.I..
La gioventù
Dopo il liceo (scientifico) intrapresi la carriera dello studente universitario presso la fcoltà di matemaica Guido Castelnuovo. Questo è sicuramente stato tra i periodi più felici della mia vita, se non il periodo più felice.
Lo stimolo psicologico che avevo quando entravo alla "Sapienza" (la tradizionale Università romana) era straordinario. Una sensazione piacevolissima, entrare nel mondo della cultura dove erano entrati Majorana, Fermi, Pontecorvo, Amaldi, ecc. ecc. (non me ne vogliano i non citati, ci vorrebbe un libro). La facoltà di matematica! Rimanevo incantato ogni volta (praticamente tutti i giorni) quando girando l'angolo vedevo l'edificio bianco, in puro stile mussoliniano, ergersi sobrio davanti a me ed io potevo entrare e sentire quelle lezioni che mi avrebbero accompagnato per tutta la vita. Non ho mai smesso di studiare! Ancora oggi è più facile trovarmi con un libro scientifico in mano che a bere un caffè o a parlare con gli amici in un bar.
In quest'epoca (si parla del 1968) cominciai ad avvicinarmi nel labirinto della politica. C'ero anch'io, ma ero un moderatissimo personaggio che non credeva nella violenza, ma credeva molto nel dialogo. Un giorno, nella facoltà di fisica (istituto Guglielmo Marconi) ci fu l'irruzione di alcuni scalmanati di sinistra che interrupero le lezioni proclamando la facoltà occupata. Io che di sinistra non ero mi trovai in forte difficoltà e scesi nel sottoscala, dove c'erano i laboratori. Avevo la chiave di un locale corredato da varie apparecchiature di misura che mi aveva dato un professore, perché dovevo fare una serie di esperimenti per sottoporli agli esami. Aprii, entrai (dentro era tutto buio) e cercai l'interruttore della luce... una voce sommessa "chiuda la porta per favore". Entrai, chiusi la porta, accesi la luce e ... sorpresa c'era mezzo mondo accademico della facoltà che aveva riparato nel laboratorio più alcuni studenti - dei quali alcuni a me noti - che mi guardarono con un'espressione dai vari significati: paura, stupore, vergogna, vabbè e tanto altro ancora. Eravamo in parecchi! Dissi chi ero e perché mi ero rifugiato lì sotto. Ci fu un sorriso generale di accoglienza. Rotto il ghiaccio, dimenticammo quasi istantaneamente la turbolenza nei piani superiori e cominciammo a discutere circa l'aumento d'entropia che si stava generando nella facoltà, mentre in quella stanza la variazione di entropia era praticamente trascurabile data la poca attività termodinamica che si poteva constatare (tutti seduti nei banchi dietro i tavoli di esperimentazione, sereni e sorridenti, felici di parlare di scienza e non di politica).
Fu lì che cominciai ad odiare la politica; non riuscivo a giustificare l'interruzione dell'attività universitaria di ricerca per dare spazio a tanta confusione e ignoranza.
E dopo ...
Laureato in matematica, indirizzo astronomico, mi proiettai nel mondo del lavoro, università, insegnamento, imprenditoria ed altre attività collaterali. Sono passati molti anni, ma nulla è cambiato: la politica ha sempre rovinato il buono che la scienza avrebbe potuto dare all'Italia. Basta solo ricordare il nucleare. L'ignoranza degli italiani è stata evidenziata in modo lampante dalla disastrosa scelta fatta negli anni ottanta quando nel referendum (c'era Craxi) l'Italia disse NO al nucleare. Tragico errore economico, sociale, energetico. Oggi la Francia ha 58 centrali nucleari e se accade qualche incidente la nube tossica non entra in Italia perché il Bel Paese ha detto no al nucleare? In compenso, noi verdi e uomini della sinistra paghiamo l'energia agli altri Stati 4 - 5 volte di quanto ci sarebbe costata se ci fossimo nuclearizzati.
Bravi questi politici lungimiranti!
E poi i teatrini, i ritornelli, l'attaccamento al potere, la mafia, la camorra. Ma che schifo di Paese! E' troppo! Preferisco andarmene e respirare la nube radioattiva un giorno prima degli italiani, ma almeno la qualità della vita è migliore.
Stefano (cioè io) mentre sta in trattative per l'acquisto di un appartamento a Cannes (sono forti questi francesi!).
L'acquisto è stato fatto nell'ottobre 2007. Un bilocale piccolino nel cuore di Cannes a 650 metri dal Palazzo del Festival.
I francesi campano molto meglio di noi, sono più educati, gentili, organizzati.
La mia prima bolletta della luce (12,50 euro) prelevati in automatico dalla società elettrica dal mio conto bancario e seguito da una lettera di ringraziamento con relativa fattura.
Che ne pensate dell'importo della bolletta? La casa è stata usata per il 90% del tempo. C'è qualcuno che vuole fare i confronti con i costi italiani? Già, ma loro hanno le centrali nucleari, mentre l'Italia no (che grande drittata la nostra!)