martedì 14 maggio 2019

Un pezzo di storia italiana a Gran Canaria

(articolo scritto sul periodico LEGGO GRAN CANARIA n. 2 del 15 marzo 2019)



IL VALORE DEI SENTIMENTI

Il sentimento è quello stato d'animo che dura più a lungo delle emozioni e che presenta una minore incisività rispetto alle passioni, ma il sentimento, se non è manifestato con l’azione che informa dell’evento che ha suscitato questo stato interiore, resta soltanto un fenomeno personale che muore con noi stessi. Allora, perché ciò non accada, perché il fatto non venga dimenticato, è necessario ricorrere al potere della  testimonianza. Quindi, testimoniare per non dimenticare!

 

IL MOMENTO STORICO DELL’ITALIA DEL 1888

Il 1888 l’Italia era sotto il Regno di Umberto I. Il mondo politico di quell’epoca vide l’affermazione della sinistra in contrapposizione con quella destra borghese preoccupata solo di ottenere profitti dal mondo industriale. L’obiettivo del governo italiano era di elevare il Paese ad una posizione internazionale paragonabile a quella delle altre nazioni europee. Purtroppo, nel febbraio del 1888 vi fu un disastroso accordo tra il capo del Governo Francesco Crispi e il Cancelliere tedesco Otto von Bismarck circa un possibile attacco alla Francia. Si stava maturando uno scenario di guerra che la Francia intuì e per ritorsione bloccò tutte le importazioni dall’Italia.

 

IL FATTO (13 settembre 1988) E IL MONUMENTO MARMOREO

Molti italiani, che nei loro viaggi emigratori erano riusciti a realizzare una discreta fortuna, facevano ritorno al loro Paese per vivere il resto della loro esistenza tra la propria gente, ma con un tenore di vita di migliore qualità. Il transatlantico Sud America era una nave italiana di 1.258 tonnellate appartenente alla flotta de La Veloce di Genova, in transito da Buenos Aires a Genova.  I passeggeri erano costituiti principalmente da italiani che stavano tornando a casa, portando con sé i guadagni di anni di duro lavoro. Ma sul destino di alcuni era scritto che questo evento non doveva realizzarsi. Alle 6 del mattino del 13 settembre 1888, il transatlantico italiano Sud America​​, fece la manovra di ormeggio nella baia di Las Palmas, quando fu speronato a prua dalla nave a vapore francese della Société Générale Transatlantique (SGT) di Le Havre La France che in quel momento aveva lasciato lo stesso ancoraggio per continuare il suo viaggio. La nave italiana affondò rapidamente in quindici metri d'acqua, a meno di 600 metri dalla riva.

Il primo ufficiale Tommaso Gallucci perse la vita e con lui altri quattro membri dell'equipaggio e settantaquattro passeggeri. Tra questi c’erano i dodici membri dell'equipaggio della barca a vela Minerva che erano sopravvissuti al naufragio della loro piccola goletta affondata al largo della costa del Brasile. Il destino questa volta non gli concesse una seconda possibilità.
Il Sud America ​​era sotto il comando del capitano Carlo Bertora e, grazie alla sua ottima condotta, non ci fu rimpianto per maggiori perdite umane. Ricordiamo l' enorme aiuto fornito dall'equipaggio dei piroscafi che quel giorno erano presenti in porto.
Nell'antico cimitero di San José (Las Palmas), nel 1892, fu eretto un monumento per rievocare quel doloroso evento in cui l’Italia è rappresentata da una giovane donna dall’espressione triste con la testa coronata da torri e muraglie (Italia turrita) che indica una corona di alloro in ricordo di tutte le vittime della tragedia, al cui interno vediamo l'iscrizione "AI SUOI FIGLI". Sotto alla corona una lapide, poggiata a terra, che porta la scritta “LA CARITÀ DELLA PATRIA LONTANA”. 



 
  
 
L’antico cimitero di Las Palmas
 
 
Intensa di significato e di sentimento la parola carità! Si vuole intendere la carità che i latini traducevano con caritas e che assunse il suo significato profondo indicando l’amore che, secondo il concetto cristiano, unisce gli uomini con Dio e tra loro attraverso Dio.
Monumento funerario por las víctimas del ´Sud America´, en el cementerio de Vegueta. i LUIS DEL ROSARIO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il monumento marmoreo eretto nel 1892, in ricordo
dell’affondamento del transatlantico “Sud America”
 


A sinistra la corona d’alloro con la scritta al centro “AI SUOI FIGLI”

e a destra la lapide con la scritta “LA CARITÀ DELLA PATRIA LONTANA”.

 

LA DIATRIBA CON LA FRANCIA

Come accennato in precedenza, i rapporti con la Francia non erano buoni e, naturalmente, tutta questa tensione fra le due nazioni si ripercosse anche sulla questione delle responsabilità dell’incidente. Certamente non ci fu mancanza di polemiche o notizie nella stampa del tempo. Alla fine fu emessa una sentenza che diede ragione agli italiani, condannando la società francese S.G.T. al pagamento dei danni.
 
LA CERIMONIA 
Il Console onorario d’Italia, Carlos De Blasio, ha voluto ricordare questa triste storia con una cerimonia commemorativa che si è tenuta all’interno dello stesso cimitero di Las Palmas il 13 settembre 2018. Lo spirito di tale riunione era quello della testimonianza: rievocare quel tragico evento che colpì 130 anni fa il nostro Paese e questo per non dimenticare!  Non dimenticare l’evento e tutto il contorno delle questioni che in seguito si svilupparono, come la solidarietà del popolo spagnolo che si prestò ammirevolmente per il soccorso, la situazione critica con la Francia, il destino avverso degli uomini e comunque, sempre, dover chinare il capo davanti all’ineluttabilità delle cose che la nostra breve vita ci offre.

Alla cerimonia hanno partecipato le autorità spagnole:

· il vicepresidente del Governo canario, Pablo Rodriguez,

·         il Presidente dell’Autorità Portuaria di Las Palmas, Juan José Cardona,

·         il Presidente dell’Associazione dei collezionisti marittimi, José Juan Rodriguez.

Dalla parte italiana, oltre al console Carlos De Blasio, ha presenziato il Presidente dell’A.P.I.C.E. (Associazione Pensionati Italiani e Connazionali all’Estero), Giuseppe Bucceri, che è stato accompagnato da alcuni soci.

Tutte le autorità hanno esposto il loro pensiero e dai loro interventi, molto incisivi e circostanziati, sono emersi quei sentimenti  di rispetto, solidarietà e amicizia che rendono significativi incontri come questo.

Ricordare per non dimenticare e fare cerchio tenendosi fortemente per mano con carità, quella carità che unisce fraternamente gli uomini in un unico destino.

Casella di testo: Il console onorario Carlos De Blasio, nell’atto di porre un fiore sul  monumento.Quindi, sono stati deposti dei fiori ed è stato lasciato qualche minuto ai presenti per le proprie riflessioni personali. La cerimonia ha, quindi, trovato la sua conclusione con il canto della soprano Rosanna Ciulli, anche lei, membro dell’Associazione A.P.I.C.E., che ha intonato magistralmente l’Ave Maria.

Un ringraziamento particolare va al nostro console onorario Carlos De Blasio, promotore di questa iniziativa, alle Autorità spagnole che sono intervenute mostrando il loro sentimento di amicizia e rispetto nei confronti del nostro Paese e, infine, al Presidente dell’A.P.I.C.E., Giuseppe Bucceri per averci reso consapevoli anche di questo pezzo di storia italiana.

L'unione fa la forza

(articolo scritto sul periodico LEGGO GRAN CANARIA n. 2 del 15 marzo 2019)

di Stefano Dottori

 

Gran Canaria è tra le maggiori isole dell'arcipelago canario considerato, fin dai tempi antichi, l’insieme delle  isole felici. L'affermazione attribuita a Tolomeo e successivamente riportata dagli scritti di Plinio il Vecchio sono frutto sopratutto della conoscenza diretta dell'assenza del ciclo stagionale e dalla ricchezza della vegetazione. Conseguentemente le Isole Canarie vennero definite dai nostri progenitori, venti secoli orsono, l'equivalente al Paradiso di molte tradizioni che si interrogano e indicano considerazioni sul destino ultimo dell'essere umano e dell'universo.

Veniva così suggerita l'idea di un luogo in cui l'invecchiamento e lo stress da lavoro sono assenti. Nonostante siano passati venti secoli, non sono avvenuti drastici cambiamenti nella popolazione locale, né mutamenti degni di nota sono apparsi nella flora e nella fauna.

Attualmente le isole Canarie rappresentano un luogo dove rifugiarsi, per chi ne ha la possibilità, per poter condurre una vita più lineare, più semplice, in amicizia e senza i tormentoni che la nostra amata Patria ci sottoponeva quotidianamente.

Il fenomeno dell’emigrazione degli italiani all’estero è un evento che negli ultimi quindici anni si è andato consolidando con una frequenza man mano crescente.

Il flusso migratorio attuale, indicato come Nuova Emigrazione, è dovuta soprattutto alle difficoltà economiche della popolazione che si sono evidenziate con l’arrivo della grande recessione e della conseguente crisi economica che ha interessato tutta l’economia planetaria a partire dal 2008. Questo terzo fenomeno emigratorio, paragonato agli altri precedenti[1], ha una consistenza numerica inferiore, interessa principalmente i giovani che, non trovando la loro realizzazione nel proprio Paese, tentano la fortuna all’estero e spesso con risultati lusinghieri (fuga di cervelli). Purtroppo, però, la situazione nelle Canarie non è favorevole per chi cerca una sistemazione lavorativa. Il lavoro è poco e spesso non è sufficiente per la popolazione che vive su queste isole. Stiamo parlando di una percentuale di disoccupazione che oscilla tra il 35-40%.

Inoltre, si viene a formare un altro problema, l’aumentata richiesta di lavoro comporta, in generale, da parte di chi può offrire lavoro, una forma di sfruttamento evidente anche perché i sindacati spagnoli non sembrano avere una sufficiente forza di contrattazione per confrontarsi con i datori di lavoro.

È questo (la migrazione) un fenomeno tutto italiano che provoca, come conseguenza, la circostanza che gli autoctoni non vedano di buon occhio l’italiano che viene nell’arcipelago con l’intenzione di stabilirsi, magari con la famiglia, accettando anche di fare lavori umili, che magari in Italia neanche pensava di fare. Già in qualche zona delle isole sono state viste scritte di carattere xenofobo contro gli italiani (vedasi la foto ripresa nelle vicinanze di Mogan nell’isola di Gran Canaria che dice “stop italiano nessuno più” e non è l’unica). Purtroppo alcuni italiani, pochi per fortuna, hanno creato problemi alla popolazione delle isole con comportamenti, a volte, al di là della legge. Non solo, ma hanno anche operato delle truffe nei confronti dei propri connazionali. Quindi, attenzione alle richieste di denaro esagerate per consulenze e/o pratiche da svolgere.

Se ci chiediamo i motivi per i quali sta accadendo questo particolare fenomeno, dobbiamo indicare come maggiore responsabile la scorretta e falsa pubblicità che fa sembrare queste isole come il Paradiso Terrestre.

Non è così!

Ho visto personalmente, persone che sono letteralmente fuggite dall’Italia, in modo del tutto avventuroso e sono arrivati qui, alle Canarie, pensando di aver risolto i loro problemi di vita. Ho visto le stesse persone, dopo qualche mese, tornarsene in Italia, dopo aver speso tutto quello che avevano e spesso con l’aiuto economico del Consolato Italiano e/o con l’appoggio dell’associazione onlus A.P.I.C.E. (Associazione dei Pensionati Italiani e Connazionali all’Estero): l’unica struttura che lavora correttamente a costi umani e che aiuta realmente, per quello che può, l’italiano in difficoltà.

La vita sulle isole Canarie è certamente piacevole, la qualità della vita è da considerarsi a buoni livelli, ma qui sta veramente bene chi è pensionato o, comunque, ha una rendita che gli permette di vivere spensieratamente nell’arcipelago canario. Dobbiamo, infatti, notare che un’altra categoria di emigrati va sensibilmente aumentando in modo statisticamente significativo: quella dei pensionati. Una pensione appena sufficiente in Italia, qui permette una vita migliore, dove è possibile concedersi qualche piccolo lusso: andare a cena fuori, affittare un’auto (si arriva anche a otto euro al giorno senza assicurazione) e il costo della vita è, in genere, inferiore a quello italiano.

            L’associazione A.P.I.C.E., fondata da tre anni, il cui presidente è Giuseppe Bucceri, è un’associazione non a scopo di lucro ed è nata proprio per la difesa degli interessi dei pensionati italiani. Dato l’arrivo anche di molti giovani, singoli e/o con le famiglie al seguito, l’associazione ha voluto allargare le proprie azioni anche per l’aiuto (possibile) a questa tipologia di emigranti. Ma l’associazione da sola non può nulla o, in ogni caso, molto poco senza l’appoggio consistente dovuto alla presenza dei soci. In quasi tutti i convegni vengono invitate personalità politiche canarie, dal sindaco (alcalde) agli assessori, dal capo della polizia (guardia civil) a personalità che presiedono le attività turistiche e, come potrete immaginare, tutti questi personaggi sono legati tra loro da interessi politici e di potere (nella foto sta parlando l’alcalde de San Bartolomé al secondo convegno APICE - ottobre 2018). Gli italiani residenti possono votare e il numero sempre più elevato costituisce una significativa presenza che richiama l’attenzione dei politici canari. Non possiamo negare il fatto che il loro interesse è direttamente proporzionale al numero di presenze che l’APICE può offrire in cambio di vantaggi a favore della comunità italiana. Vantaggi che, in ogni caso, costituiscono un impegno da parte delle personalità politiche che va contro cambiato, appunto, con la votazione. È immediato comprendere come questi signori che partecipano alle riunioni, conferenze ed altro indette dall’APICE cercano di comprendere quanto questa associazione sia forte come presenza in numero di persone votanti. Nell’arcipelago siamo parecchie migliaia e se tutti fossero coesi e presenti nell’associazione, questa, senza dubbio, potrebbe ottenere dei vantaggi enormi a favore dei propri iscritti. Da qui la necessità di unirsi per essere più forti (l’UNIONE FA LA FORZA).

Ma che significa unirsi nell’Associazione? Significa iscriversi come soci (la spesa è irrisoria: trenta euro per il 2019). Ma non basta! Quando c’è qualche cerimonia, qualche commemorazione, come la prossima festa della Repubblica Italiana, che festeggeremo il prossimo 2 giugno, dove naturalmente interverranno le Autorità Italiane (il console italiano Josè Carlos De Blasio e, se possibile, qualche nostro politico) e le Autorità spagnole (Sindaco, Assessori, Polizia, Turismo, ecc.) potrete ben immaginare che effetto positivo potrebbe avere la presenza di mille persone piuttosto che trecento circa come è stato lo scorso anno. Quindi, oltre all’iscrizione, necessaria, è richiesta anche la presenza (nella foto al centro il presidente dell’APICE Giuseppe Bucceri, alla sua destra il vicepresidente avv. Luigi Prosperini alla cui destra c’è il Segretario Dott. Salvatore Calvo; alla sinistra del Presidente, c’è il presentatore della manifestazione Vittore Castellazzi alla cui sinistra c’è Sergio Calandra; in fondo si intravede la bravissima cantante lirica, socia anche lei dell’APICE, Rosanna Ciulli).

Essere uniti nelle manifestazioni, dove si è chiaramente visibili, è un’occasione per poter mostrare la nostra forza. Intanto, possiamo gradatamente riacquistare credito come italiani presso le Autorità spagnole, cosa che l’APICE ha già cominciato a fare da tempo e devo dire anche con buon successo, inoltre potremo pretendere, proprio per questa nostra forza unita e compatta, vantaggi che possano rendere ancora migliore la nostra qualità della vita.

 

Qui di seguito diamo la scheda dei riferimenti dell’Associazione:


A.P.I.C.E.
Associazione Pensionati Italiani e Connazionali all’Estero
 
Centro Commerciale RONDA
3° piano - nr. C56A
SAN FERNANDO - MASPALOMAS
 
Fisso: +34 928 307 586
Mobile.: +34 690 108 704
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Gli altri due fenomeni emigratori che hanno interessato il nostro Paese sono: 1) la Grande Emigrazione (dal 1861, con l’Unità d’Italia, agli anni venti del novecento in corrispondenza dell’avvento del Fascismo); 2) la Migrazione Europea (dalla fine della seconda guerra mondiale (1945) agli anni settanta del XX secolo).

Sapere bere e saper mangiare in Spagna

(articolo scritto sul periodico LEGGO GRAN CANARIA n. 2 del 15 marzo 2019)


ORIENTAMOCI UN PO’ PER SAPERE DI COSA VOGLIAMO PARLARE

 

Tutti sanno che l’Italia e la Francia sono i maggiori produttori di vini al mondo e la palma del primato passa di continuo dall’uno all’altro anche se negli ultimi anni l’Italia ha preso con autorità il sopravvento nella produzione. Studiando i dati desunti dal sito dell’ISTAT (2017) abbiamo ricavato i seguenti risultati: secondo il Rapporto 2017 dell'OIV (Organizzazione mondiale della vigna e del vino) nel 2016 nel mondo si sono prodotti 267 milioni di ettolitri di vino (-3% rispetto al 2015). Il primato tra i Paesi produttori di vino in volume è saldamente in mano all'Italia:

- Italia 50,9 milioni di ettolitri (19% del totale)
- Francia 43,5 (16%)
- Spagna 39,3 (15%)
- Usa 23,9 (9%)
- Australia 13
- Cina 11,4.

La cosa curiosa che forse non tutti sanno è che la Spagna, terza nella precedente graduatoria, ha la più grande superficie viticola al mondo e, inoltre, la Spagna si contraddistingue anche per avere uno dei vigneti più montani: dopo l’Austria e la Svizzera, infatti, si trovano qui i pendii coltivati a vite più ripidi e alti d’Europa.

La superficie viticola della Spagna è di circa 1 milione di ettari, precisamente:

- Spagna 975mila ettari
- Cina 847mila
- Francia 785mila
- Italia 690mila
- Turchia 480mila


La Spagna non è ancora un Paese produttore di vini di massa e questo anche perché i rendimenti per ettaro sono tra i più bassi del continente europeo. Infatti, malgrado la Spagna abbia la maggiore superficie viticola, non è quella che produce più uva, come può rilevarsi dalla seguente tabella:

- Cina 14,6 milioni di tonnellate (19% del totale)
- Italia 7,9
- Usa 7,1
- Francia 6,4

 

In Spagna, la commercializzazione di vino è affidata soprattutto alle cantine, le cosiddette  “bodegas”. Questa situazione scaturisce dal fatto che ancora non esiste una versa e propria commercializzazione da parte dei viticoltori che producono il vino e tale circostanza, in effetti, può giustificare il prezzo contenuto di bottiglie anche di un buon livello. Le bodegas, che possiedono poche vigne proprie, raccolgono le uve da altri viticoltori, occupandosi della fase di affinamento e imbottigliamento.

La coltura vinicola spagnola è caratterizzata da un’estrema varietà di vitigni, circa 600. Tuttavia il 75% della superficie vitata è dedicata ai 15 vitigni prettamente spagnoli. Il vitigno più diffuso è la garnacha tinta, ma il più nobile è considerato il tempranillo, uva da cui si ricavano i vini rossi più prestigiosi del paese. Tra i vitigni spagnoli a bacca bianca, i più importanti sono albariño e verdejo. (Fonte: https://www.tannico.it/vini-spagnoli)


Oggi la classificazione dei vini spagnoli include sei categorie.

Alla base della piramide si trovano:

1.      Vino de Finca - È quel vino prodotto in una azienda agricola unica e con caratteristiche del terreno e del clima diverso dal resto. Le uve della sua preparazione devono provenire dalla stessa azienda. I requisiti per ottenere la qualificazione dei vini de Finca sono molto severi. Includono il riconoscimento per 10 anni di fila della qualità nei mercati internazionali e nazionali (locali), l'origine di un ambiente geografico unico, un punteggio minimo richiesto di 7 punti in più rispetto al resto dei vini D.O. (Denominazione di Origine) e che il vino non supera i 65 % dell'estrazione di tutte le uve raccolte. D'altra parte, questo vino deve essere elaborato per un tempo superiore a 5 anni nella denominazione di origine. Oltre all'importanza della terra, un'altra caratteristica fondamentale dei vini di proprietà è l'età delle viti. Viti di età matura consentono diverse maturazioni e sapori distinti.
2.      Vino de la Tierra - Vino de la tierra è una qualità del vino spagnolo che designa il ramo inferiore alla tradizionale indicazione di qualità del vino di denominazione de origen (DO). È l'equivalente del vin de pays francese. Copre non solo vino fermo[1], ma anche vino spumante[2] e vino fortificato[3]. Rappresenta una qualità superiore rispetto al vino da tavola. Le etichette del vino de la tierra sono autorizzate a dichiarare l'annata e le varietà utilizzate nella produzione.
3.      Vino de Calidad de Indicación Geográfica (I. G.) - Sono quei vini prodotti e lavorati in una regione, località o luogo con uve del posto, la cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute all'ambiente geografico, al fattore umano o entrambi, in ciò che si riferisce alla produzione dell’uva, vinificazione o invecchiamento. I vini di qualità con indicazione geografica sono identificati con il termine “vino de calidad deIG”, seguito dal nome della regione,  località o luogo specifico in cui sono prodotti. I vini di qualità con indicazione geografica devono avere un organo di gestione e sono soggetti a un sistema di controllo

Nella parte superiore, invece, ci sono i vini

4.      D. O., o Denominación de Origen - In sostanza, una denominazione di origine è un'area specifica in cui un prodotto agricolo o alimentare viene prodotto, le cui caratteristiche sono date da quella posizione geografica. Il D.O. hanno regolato e legiferato per tutto il secolo scorso, dallo statuto del vino del 1932 alla legge 24/2003 della vite e del vino. Da un punto di vista legale, il D.O. serve a designare e proteggere un prodotto appartenente ad una determinata area, ma coinvolge molto di più: tradizioni, costumi, miti, leggende e la storia di quei luoghi.

5.      D. O. Ca., o Denominación de Origen Calificada - I vini con denominazione di origine qualificata (D. O. Ca.) devono soddisfare i seguenti requisiti, oltre ai requisiti applicabili alle denominazioni di origine:

a.       che siano passati almeno dieci anni dal suo riconoscimento come Denominazione d'Origine;

b.      che tutto il vino imbottigliato sia venduto da aziende vinicole registrate e situate nella zona geografica definita;

c.       che abbia un sistema di controllo dalla produzione alla commercializzazione per quanto riguarda qualità e quantità, il che include un controllo fisico-chimico e organolettico per lotti omogenei di volume limitato;

d.      è vietato coesistere nella stessa cantina vini senza diritto alla DOCa, eccetto vini qualificati situati nel loro territorio;

e.       avere una delimitazione cartografica, da parte dei comuni, del terreno adatto alla produzione di vini con diritto alla DOCa [4].

All’apice della piramide si trova invece il

6.      Vino de Pago - Come definito dalla legge 24/2003, un pago è "un sito rurale” la cui composizione del suolo e il suo microclima lo differenziano e lo distinguono dagli altri nel suo ambiente e dalla coltivazione dei suoi vigneti si ottengono vini con caratteristiche e qualità uniche. Affinché un vino possa essere denominato vino di pago:

a.       deve essere preparato e imbottigliato dai proprietari dei vigneti situati nel pago o, eccezionalmente, dalle aziende vinicole situate nelle vicinanze di esso;

b.      il vino può essere prodotto solo da uve provenienti dai vigneti situati nel pago in questione;

c.       se altri vini sono prodotti nella stessa cantina, il vino di pago deve essere conservato e, se è il caso, deve essere separato dal resto dei vini;

d.      deve essere attivato un sistema di qualità completo, che viene applicato dalla produzione delle uve all'immissione sul mercato del vino di pago;

e.       deve mantenere almeno cinque anni con lo stesso nome non ufficiale, che diventerà ufficiale al momento di ottenere la qualifica di vino di pago;

f.       deve essere stato precedentemente in Denominazione di Origine e avere goduto di una buona reputazione per almeno 10 anni [5].


A seconda dell’invecchiamento, i vini spagnoli si suddividono in “Joven”, vini con meno di un anno di affinamento, “Crianza”, per i rossi con più di 2 anni di invecchiamento, di cui almeno uno in botte, mentre per i bianchi, almeno 6 mesi; “Reserva” e “Grand Reserva”, per i rossi invecchiati almeno 3 e 5 anni, di cui almeno uno in botte, mentre per i bianchi, 2 e 4 anni, di cui 6 mesi di botte. Infine “Doble Pasta”, per i rossi da macerazione con una quantità doppia di bucce.

Prima di terminare questa prima puntata accenniamo anche all’esistenza dei vini prodotti nelle isole Canarie, per la loro particolarità (il terreno è vulcanico ed è ricco di minerali che influiscono positivamente sulla buona qualità del vino prodotto).

La produzione di vino sulle Canarie ha una tradizione antica: almeno 500 anni di storia, ovvero da quando, con la conquista spagnola dell’isola, cominciò la coltivazione e la produzione di vino. All’inizio del 1600, i vini delle Canarie erano già noti in tutta Europa per la loro qualità e apprezzati come tra i più raffinati. Oggi in tutte le Canarie si coltivano 33 varietà diverse di uva, di cui 14 rosse e 19 bianche. Di queste, vi sono 10 tipologie di vini che vantano la “Denominazione di Origine”.

 

Nella figura seguente riportiamo la struttura a piramide dei vini spagnoli, partendo dalla base dove trovano posto i vini meno pregiati fino ad arrivare all’apice della piramide dove abbiamo la massima espressione di vino spagnolo: il vino di pago.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Per vino fermo si intende un vino con nessun contenuto in anidride carbonica, o con un contenuto tale da non risultare sovrassaturo a pressione ambiente, ossia privo di sviluppo di bollicine.
[2] I vini spumanti sono quei vini caratterizzati, all'apertura della bottiglia, dalla produzione di spuma, dovuta alla presenza all'interno della stessa di anidride carbonica immessa in autoclave o prodotta durante la fermentazione.
[3] Il vino fortificato è un vino liquoroso. Per fortificazione s’intende l’aggiunta di alcol necessaria per bloccare la fermentazione e favorire la stabilizzazione del liquido.
[4] Le D.O.Ca. spagnole sono solo due: Rioja e Priorat.
[5] Questi vini provenienti da un’unica vigna possono essere prodotti esclusivamente da 5 bodegas.