Era il lontano 1954, qualche giorno prima delle vacanze natalizie e, come al solito, il sabato pomeriggio uscivo con i miei genitori per la consueta passeggiata al centro con l'eventualità (ma era praticamente la certezza) dello shopping.
Accadeva spesso, sulla strada del ritorno, di passare per piazza Cavour dove troneggia il palazzo di giustizia (credo che già da allora ebbi i primi sentimenti repulsivi verso le discipline umanistiche come diritto, lettere, filosofia, forse perché abbinavo a quelle materie la pesantezza e la prosopopea di quell'edificio). Sulla strada del ritorno, come dicevo, quando quando ormai la sera con il suo manto di stelle (immagine disneyana) aveva preso il sopravvento sulla luce del giorno, il mio papà si fermò in mezzo alla piazza e mi indicò delle piccole finestrelle, ridotte in dimensioni rispetto alle altre e posizionate nel piano più alto e con la luce accesa.
"Vedi - mi disse - lì ancora lavorano! Lo sai chi c'è? ... Ci sono le Befane che fanno pacchi e pacchetti per i bimbi buoni e sopratutto per quelli poveri che hanno avuto tanto poco. Quello è il C.B.I., Centro Befanifero Italiano".
Io cercavo di essere buono, ma quanto era difficile! Sotto le feste scrivevo la letterina alla mia Befana personale: la Befana Genoveffa, nella quale esponevo tutte le mie richieste con la solita conclusione: prometto che per il prossimo anno cercherò di essere più buono.
Accadde una sera che incontrammo un caro amico di papà, con la moglie e con i suoi due figli: Franco (il più grande) e Patrizio.
Abitavano vicino a noi, così facemmo la strada del ritorno insieme.
Arrivati a piazza Cavour vidi quelle finestrelle con la luce accesa e, con aria di chi la sa lunga, rivolto verso il più grande dei fratelli, chiesi se sapeva chi c'era dentro quegli uffici. Alla risposta negativa me ne uscii con tono trionfante di chi ha scoperto chissà quale profondo mistero: "Lì c'è la Befana! Quello è il Centro Befanifero Italiano". Seguì immediata la risata divertita di Franco che subito interloquì: "Ma che ce credi ancora alla Befana? Ma non lo sai che la Befana è tu madre e tu padre?". Ed ancora la risata sghignazzante!
Riesco ancora a ricordare il colpo che accusai per l'amara delusione: il crollo di un mondo fantastico ed irreale che prima per me era qualcosa di vero, di caldo e di familiare. Lo sguardo incredulo verso i miei genitori, la carezza di papà sulla testa e mamma: "Mbè, prima o dopo lo avresti saputo, meglio ora con noi". Sì, vabbè, ma il colpo s'era fatto sentire, faceva male. Tutto quello che ci avevo costruito sopra, pensieri, sogni, propositi, ... puff! Tutto svanito. Che delusione ... non mi vergogno di dire che ci ho sofferto per alcuni giorni.
Mi chiedo oggi, perché ancora non lo so, cosa ci possa essere dietro quelle finestrelle. Me lo chiedo ogni tanto, ma non ho mai indagato forse perché non me ne frega niente.
Per me lì c'è ancora il Centro Befanifero Italiano! Mi piace far continuare il sogno perché in questo sono con me mamma e papà: affetti eterni ed intramontabili.
Accadeva spesso, sulla strada del ritorno, di passare per piazza Cavour dove troneggia il palazzo di giustizia (credo che già da allora ebbi i primi sentimenti repulsivi verso le discipline umanistiche come diritto, lettere, filosofia, forse perché abbinavo a quelle materie la pesantezza e la prosopopea di quell'edificio). Sulla strada del ritorno, come dicevo, quando quando ormai la sera con il suo manto di stelle (immagine disneyana) aveva preso il sopravvento sulla luce del giorno, il mio papà si fermò in mezzo alla piazza e mi indicò delle piccole finestrelle, ridotte in dimensioni rispetto alle altre e posizionate nel piano più alto e con la luce accesa.
"Vedi - mi disse - lì ancora lavorano! Lo sai chi c'è? ... Ci sono le Befane che fanno pacchi e pacchetti per i bimbi buoni e sopratutto per quelli poveri che hanno avuto tanto poco. Quello è il C.B.I., Centro Befanifero Italiano".
Io cercavo di essere buono, ma quanto era difficile! Sotto le feste scrivevo la letterina alla mia Befana personale: la Befana Genoveffa, nella quale esponevo tutte le mie richieste con la solita conclusione: prometto che per il prossimo anno cercherò di essere più buono.
Accadde una sera che incontrammo un caro amico di papà, con la moglie e con i suoi due figli: Franco (il più grande) e Patrizio.
Abitavano vicino a noi, così facemmo la strada del ritorno insieme.
Arrivati a piazza Cavour vidi quelle finestrelle con la luce accesa e, con aria di chi la sa lunga, rivolto verso il più grande dei fratelli, chiesi se sapeva chi c'era dentro quegli uffici. Alla risposta negativa me ne uscii con tono trionfante di chi ha scoperto chissà quale profondo mistero: "Lì c'è la Befana! Quello è il Centro Befanifero Italiano". Seguì immediata la risata divertita di Franco che subito interloquì: "Ma che ce credi ancora alla Befana? Ma non lo sai che la Befana è tu madre e tu padre?". Ed ancora la risata sghignazzante!
Riesco ancora a ricordare il colpo che accusai per l'amara delusione: il crollo di un mondo fantastico ed irreale che prima per me era qualcosa di vero, di caldo e di familiare. Lo sguardo incredulo verso i miei genitori, la carezza di papà sulla testa e mamma: "Mbè, prima o dopo lo avresti saputo, meglio ora con noi". Sì, vabbè, ma il colpo s'era fatto sentire, faceva male. Tutto quello che ci avevo costruito sopra, pensieri, sogni, propositi, ... puff! Tutto svanito. Che delusione ... non mi vergogno di dire che ci ho sofferto per alcuni giorni.
Mi chiedo oggi, perché ancora non lo so, cosa ci possa essere dietro quelle finestrelle. Me lo chiedo ogni tanto, ma non ho mai indagato forse perché non me ne frega niente.
Per me lì c'è ancora il Centro Befanifero Italiano! Mi piace far continuare il sogno perché in questo sono con me mamma e papà: affetti eterni ed intramontabili.
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